L'Analisi Transazionale (AT) è un'estesa teoria della mente, dello sviluppo umano e delle relazioni, sviluppata a partire da solidi presupposti filosofici di base e corredata da un'ampia varietà di metodi di intervento. Elaborata da Eric Berne intorno agli anni 60 a partire dalla psicoanalisi Freudiana, dalla quale ancora attinge contributi originari e contemporanei, è stata sviluppata fino ai giorni nostri da innumerevoli Autori che la hanno arricchita di contributi teorici e metodologici innovativi, al passo con le neuroscienze e con le moderne correnti psicologiche, avendo anche attinto contributi da discipline diverse come la Gestalt, la Bioenergetica, la terapia Reichiana, Rogersiana e la Terapia Esistenziale.

Qualche principio teorico...

La vastità teorica dell'Analisi Transazionale è talmente imponente e dinamica che risulterebbe impossibile sintetizzarla in poche righe. Credo tuttavia utile descriverne alcune nozioni teoriche fondamentali per consentire al lettore di comprenderne (magari intuitivamente) alcuni concetti di base, al fine di aiutarlo a familiarizzare con il pensiero analitico transazionale.

Le posizioni esistenziali

Utilizzando le parole di Eric Berne, "ogni individuo nasce principe o principessa", ovvero porta in sé una positività intrinsecala capacità di entrare in relazione, la capacità di pensare e di tracciare il proprio piano di vita attraverso le proprie decisioni. Ogni individuo, per disastrosa che possa apparire la sua esistenza, porta in sé queste caratteristiche ed è degno di essere rispettato, amato e desiderato per il semplice fatto di esistere e di possedere tali qualità ontologiche. E' la vita purtroppo che, a partire fin dalle prime interazioni (quando il bambino è nella culla, allattato, tenuto in braccio o ignorati, compreso o incompreso, nutrito, abusato, lasciato libero di esplorare o inibito, invaso, eccessivamente responsabilizzato, traumatizzato, ecc...) influisce sull'individuo, il quale abbandona la propria natura di "Principe o Principessa" prendendo decisioni (per la maggior parte inconsce) che lo portano a diventare "Rospo o Ranocchia" (Berne, E. 1972)

Ogni individuo ha una chiara percezione intuitiva di sé stesso: può sentirsi adeguato, amabile, in pace con sé stesso e amarsi per com'è - definiamo sinteticamente questa situazione come "sentirsi OK". Alternativamente può avere la percezione opposta: sentirsi inadeguato, sentire di non andare bene per com'è, sentirsi non amabile e quindi non accettarsi per le proprie caratteristiche. Definiamo in modo sintetico questa posizione con il termine "non OK".

Lo stesso concetto si applica alla percezione degli altri: possono essere vissuti come "OK" (amabili per come sono, adeguati, desiderabili, affidabili) o "non OK" (inadeguati, inferiori, inaffidabili, pericolosi, cattivi, ecc...).

La combinazione delle due componenti (rispetto a sé e agli altri) dà luogo alle posizioni esistenziali di ciascun individuo:

  • Io sono Ok/ Tu sei OK: è la posizione sana, dove si vive con sé stessi e con gli altri in armonia e si riescono a stabilire solide relazioni, vissute con intimità, soddisfazione, leggerezza e intensità.
  • Io sono non-OK / Tu sei OK: definita posizione depressiva, si vive sé stessi con un senso di inadeguatezza e inferiorità, non accettando le proprie caratteristiche vissute con disprezzo e colpa, mentre si percepisce l'altro come adeguato, capace, perfetto, invidiabile. 
  • Io sono OK / Tu sei non-OK: si ha un senso di adeguatezza di sé stessi mentre si svaluta l'altro, ritenuto inferiore o indegno (posizione narcisista); oppure avvertito come pericoloso, indegno di fiducia, fonte di inganno o di danno (posizione paranoide)
  • Io sono non-OK / Tu sei non-OK: cosiddetta posizione "futile" e corrispondente a copioni di vita più distruttivi, nei quali si ha la concezione di non essere adeguati e che neanche gli altri lo siano. La vita appare dunque indegna e pervasa di sofferenza e malessere.

Tutti gli individui passano un po' del proprio tempo in ognuna delle 4 posizioni esistenziali: esistono tuttavia una o due posizioni "preferite", dove ci si riconosce più frequentemente nella maggior parte dei giorni della propria vita. 

Gli stati dell'io

L'Analisi Transazionale teorizza la personalità come formata da sottosistemi, definiti "stati dell'io". Ogni stato dell'io può essere definito come un sistema di sentimenti che motivano un corrispondente insieme di modelli di comportamento (Berne, 1961, 9). Ogni stato dell'io contiene dunque pensieri, emozioni e comportamenti. Distinguiamo tre stati dell'io con caratteristiche strutturali e funzionali ben precise:

  • Stato dell'io Genitore: corrisponde a un insieme di pensieri, emozioni e comportamenti introiettati dalle importanti figure di attaccamento (diventati parte integrante della personalità). L'individuo può agire conformemente all'introietto (cosiddetto Genitore Attivo, ovvero si comporta esattamente come si comportava il padre o la madre in una determinata circostanza) oppure può comportarsi e vivere la propria vita come se fosse costantemente sotto l'osservazione ed il giudizio del proprio genitore storico (cosiddetto Genitore Influenzante). Da un punto di vista funzionale può mettere in atto comportamenti critici con sé stesso e con gli altri (Genitore Critico) e/o comportamenti affettivi (Genitore Affettivo) come capacità di prendersi cura, di guidare, proteggere e di nutrire, sé stesso e gli altri. Nel proprio Genitore interno si trovano anche pregiudizi, norme, sistemi di comportamento legati alla propria cultura di appartenenza, capacità di proteggere/proteggersi.
  • Stato dell'io Adulto: è lo stato dell'io corrispondente alla propria realtà attuale. Contiene pensieri, emozioni e comportamenti che sono appropriati al "qui ed ora" della persona in quel determinato momento della sua vita biologica. E' lo stato dell'io che consente la valutazione obiettiva della realtà ed esprime la parte logica e razionale tenendo conto dei propri bisogni, sentimenti e valori. Quando si è nello stato dell'io Adulto si risponde alle situazioni di vita con le piene facoltà e con tutto il potenziale dell'individuo. Operare dal proprio stato dell'io Adulto permette di vivere una vita autonoma, contraddistinta da intimità, spontaneità e consapevolezza.
  • Stato dell'io Bambino: è dato da un insieme di pensieri, emozioni, comportamenti e reazioni somatiche che corrispondono a reliquie dell’infanzia; quando lo stato dell'io Bambino è attivo, l'individuo ripropone comportamenti, sentimenti (modi di sentirsi) e pensieri che sono legati a un particolare momento o epoca di sviluppo, sebbene declinati nella circostanza attuale e solo apparentemente consoni alla realtà. Nello stato dell'Io Bambino risiedono elementi molto ricchi della personalità: i bisogni fondamentali dell'uomo (bisogno di contatto, di stimoli, di relazione e di strutturazione del tempo), la predisposizione ad amare e ad essere amati, il bisogno di esprimere la propria identità unica e particolare, la creatività, la fantasia e la vitalità, il desiderio di esplorazione e conquista, il desiderio di piacere ecc.. Da un punto di vista funzionale  il Bambino può manifestarsi come Adattato (in risposta alla presenza Genitoriale) quando rinuncia a parti di sé per conservare la relazione con la persona accudente; oppure come Libero, detto anche Bambino Naturale,  quando esibisce forme spontanee e autonome di espressione di sé e di comportamento, esprimendo tendenze creative, rabbia o affetti spontanei.

I contenuti dei tre diversi stati e dell'io e le relazioni esistenti tra gli stessi sono alla base della determinazione del benessere o della psicopatologia dell'individuo. Un esempio, deliberatamente semplificato per permetterne una migliore comprensione, è quello di una giovane donna che vive con estrema ansia i propri rapporti sessuali: da una parte avverte il proprio desiderio di godimento, di fusione fisica ed emotiva con il proprio partner (istanza del proprio stato dell'io Bambino), ma dall'altra è pervasa dal senso di colpa nel permettersi di godere del rapporto (moralità colpevolizzante introiettata nel proprio stato dell'Io Genitore, proveniente dalla madre rigida). Il risultato è l'incapacità di godere del rapporto, di raggiungere l'orgasmo, il possibile sviluppo del senso di colpa, manchevolezza e immoralità, i quali possono esitare in sentimenti di vergogna e inadeguatezza, che a loro volta possono manifestarsi in uno stato ansioso e/o depressivo. Tale stato può diventare poi motivo di problemi di coppia o familiari.


Il Copione di vita

Sorge spontanea la domanda sul perché le persone rimangano attaccate a schemi di vita fissi che sono causa di sofferenza. Perché una donna esausta della propria relazione affettiva non la chiude per cercare un nuovo compagno? Perché un individuo che desidera ardentemente progredire nella propria carriera non fa altro che constatare i propri fallimenti lavorativi? Perché una donna nonostante cambi i propri partner si fidanza sempre con uomini alcolizzati che la tormentano? E perché un uomo single che ricerca intensamente una compagna non riesce a impegnarsi in alcuna relazione continuando a rimanere single? 

A volte gli schemi fissi sono ancora più dannosi: ad esempio, un ragazzo continua a usare alcol o droghe nonostante sappia di distruggersi, una donna rimane in una relazione nonostante le violenze subite, un malavitoso continua a mettere in atto crimini nonostante i tanti anni spesi in prigione... 

Eric Berne getta le fondamenta dei presupposti teorici che danno spiegazione degli schemi ripetitivi della vita: definisce "copione" un piano di vita inconscio, basato su decisioni prese nell'infanzia, rinforzato dai genitori e confermato dagli eventi di vita successivi (Berne, 1972: "Ciao...e poi?"). Numerosi autori successivi ne hanno ampliato il significato, integrandolo con nuovi punti di vista e nuovi significati. Il concetto di copione è dunque estremamente ampio e impossibile da sintetizzare esaustivamente in questa sede. Ritengo tuttavia utile dare alcune informazioni sintetiche per facilitarne un'iniziale comprensione intuitiva.

Il piano di vita inconscio viene elaborato in età infantile quando, durante l'interazione con l'ambiente (le persone della propria famiglia) il bambino comincia a formarsi convinzioni su di sé, sugli altri e sul mondo. Sulla base delle proprie convinzioni inconsce prenderà delle vere e proprie decisioni operative (anch'esse per la maggior parte inconsce). 

Può ritenere ad esempio di sentirsi in diritto di ottenere qualunque cosa dagli altri e avere una percezione dell'altro avvertito come inferiore. Deciderà (inconsciamente) che nella sua vita otterrà tutto ciò che desidera, rinunciando a qualsiasi idea di moralità (personalità narcisistiche e antisociali). Oppure ad esempio si convincerà di non valere nulla e di non meritarsi l'amore di altre persone (personalità depressive) decidendo di rinunciare al proprio successo personale e relazionale.

A partire dalle posizioni esistenziali suddette quindi, l'individuo si formerà un proprio piano di vita inconscio, che prevede ad esempio se la persona resterà da sola o se si fidanzerà, che tipo di partner sceglierà, se avrà una famiglia o se resterà da solo, quale tipo di lavoro assumerà e se avrà successo, se realizzerà i propri desideri più profondi o se vi rinuncerà per tutta la vita. Berne ipotizzava che il piano di vita inconscio prevedesse persino "come" la persona morirà e chi avrà intorno. Molto cinicamente Berne suddivideva i copioni in "vincenti" (colui che realizza i propri desideri) , "non vincenti" (colui che rinuncia ai propri desideri pur non distruggendo la propria vita) e "perdenti" (coloro che rinunciano ai propri bisogni e desideri operando scelte gravemente distruttive).

Ci si può chiedere a questo punto: si è destinati ad un futuro senza speranza oppure si può cambiare strada, uscire dal proprio copione e realizzare desideri, bisogni e aspirazioni che si avvertono profondamente? La risposta è SI'! Anzi, il copione di vita rappresenta non solo programma di vita inconscio, ma anche il modo migliore che abbiamo trovato da bambini per far fronte alle frustrazioni e ai traumi che abbiamo subito. In altre parole, non saremmo sopravvissuti se non avessimo strutturato un copione. Ciò che occorre fare oggi è comprendere come e perché ce lo siamo formati, a cosa ci è servito; per poi capire che la messa in atto del copione oggi non solo non ci protegge più, ma ci impedisce di realizzare noi stessi. Avviene a quel punto una ristrutturazione profonda delle proprie convinzioni consce e inconsce rispetto a sé stessi, agli altri e al mondo e si prendono nuove decisioni di vita

Ad esempio, posso smettere di credere di essere inadeguato, di non essere amabile, di valere meno degli altri e posso finalmente sentirmi soddisfatta/o di me stesso. Questa nuova posizione esistenziale, sentita nel profondo, mi consentirà, senza che neanche me ne accorga, di scegliere partner più adeguati, di candidarmi per un lavoro più ambizioso, o di liberarmi da relazioni che mi stavano opprimendo.   

Oppure, ad esempio, mi permetterà finalmente di cominciare a fidarmi degli altri, di abbandonare sentimenti di ansia e sospettosità, di dubbio e pericolo, permettendo a me stessa/o di essere spontaneo e intimo senza il timore di esserne danneggiata/o. 

L'uscita dal copione è un processo graduale, che richiede pazienza. E' un viaggio all'interno della propria emotività e del proprio piano di vita inconscio. Consiste nel ritrovamento di sé stessi e nella realizzazione di quei "principi" e "principesse" che un tempo eravamo e che possiamo finalmente ridiventare!